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Clamori dalla Colombia
Paramilitare pago’ testimoni per accusare le FARC del massacro di San José de Apartadó
Associazione Nazionale Nuova Colombia / giovedì 24 dicembre 2009
 

L’Associazione "Nuova Colombia" si propone di:
a) appoggiare e sostenere la lotta del popolo colombiano, delle organizzazioni politiche che si battono per la trasformazione in senso democratico del paese, e delle organizzazioni popolari di tipo sindacale, cooperativo e sociale;
b) promuovere campagne di informazione sulle vicende della Colombia, con particolare riferimento alla vita dei contadini, dei lavoratori e delle popolazioni indigene;
c) promuovere campagne di informazione e mobilitazione per la difesa dei diritti umani, dei diritti politico-sociali e delle libertà da ingerenze straniere dirette e indirette;
d) costruire momenti concreti di cooperazione e solidarietà con forze ed organizzazioni popolari impegnate nella lotta in difesa dei diritti sindacali, politici e umani, e per la trasformazione dei rapporti sociali ed economici nel paese.

In questi giorni dieci militari della Brigata 17 di Urabá affrontano il processo del Secondo Tribunale Specializzato di Antioquia per il massacro avvenuto nella Comunità di Pace di San José de Apartadó.

Il 21 e il 22 febbraio del 2005, un commando di 60 paramilitari appartenenti al blocco Héroes de Tolová, agli ordini di Diego Fernando Murillo Bejarano, alias "Don Berna", e protetto da effettivi dell’esercito, assassinò 8 persone fra cui una bambina di 5 anni, un bimbo di 11 anni ed uno di appena 21 mesi, fatti a pezzi e seppelliti in una fossa comune.

All’epoca i militari, due tenenti, due capitani ed altri 6 sottufficiali, appartenevano al Battaglione Vélez della Brigata 17 dell’Esercito Nazionale, con sede nel municipio di Carepa; le indagini relative a questo orrendo crimine coinvolgono altri membri dell’Esercito e capi paramilitari della regione.

Le dichiarazioni rese davanti alla Procura Generale dal capo paramilitare di Urabá, Hever Veloza (alias "HH") prima di essere estradato negli Stati Uniti, acquisite nel processo, chiariscono le responsabilità reali di questo massacro: "Ho consegnato due milioni di pesos (circa 700 euro) al colonnello Néstor Iván Duque López -all’epoca comandante del Battaglione Bejarano Muñoz della B17- affinché comprasse due testimoni per accusare la guerriglia di aver commesso il massacro".

Nel corso del 2005 la versione di questa falsa testimonianza venne raccolta ed amplificata da diversi mezzi di comunicazione, e utilizzata strumentalmente per dimostrare che la guerriglia "fucila chi non gli piace", come affermato da Apolinar Guerra George, un contadino accusato di appartenere alle FARC, che il 26 giugno scorso ha ritrattato la versione rilasciata alle autorità il 1 aprile del 2005.

L’ex capo delle AUC (paramilitari colombiani) ha affermato di aver consegnato personalmente il denaro a Duque López: "in quella occasione mi ha detto che si stava difendendo da una denuncia di San José de Apartadó e mi chiese il favore di regalargli due milioni di pesos da dare ad alcuni testimoni"; il paramilitare ha dichiarato che i testimoni "dovevano andare a Bogotá per dire che il massacro di San José de Apartadó lo avevano commesso le FARC, non ricordo in quale mese del 2005, quello che ricordo è che era quell’anno".

Si delinea quindi un quadro che ridicolizza la tesi, sostenuta in Italia anche da una certa "sinistra", delle comunità di pace prese tra due fuochi, in un’improbabile quanto fallace equiparazione fra guerriglia e paramilitari. La realtà dei fatti è che i massacri in Colombia sono compiuti dai paramilitari (con l’aiuto dell’esercito regolare) che, dopo la farsa della presunta smobilitazione, imperversano ancora nel Paese con la denominazione di "Aguilas Negras", "Rastrojos", ecc.

E mentre il terrorismo di Stato continua a mietere vittime tra la popolazione civile, Uribe e compagnia hanno anche il coraggio di presentarsi come "democrazia" ed accusare di "terrorismo" chiunque, in Colombia come in altri paesi, critica la sua fallita politica della Seguridad Democrática.

In Colombia i paramilitari di stato sono autori di oltre 3.000 omicidi e mutilazioni di minori

Persiste la violazione di diritti umani in Colombia. La situazione è ancora più grave relativamente a bambini, bambine e adolescenti colombiani, come rileva il Tribunale Internazionale sull’Infanzia colpita dalla Guerra e dalla Povertà, della Missione Diplomatica Internazionale Umanitaria Ruanda 1994.

Secondo il tribunale, i gruppi paramilitari sono i principali responsabili della violazione ai diritti umani di minori, e la situazione su questo tema è la peggiore di tutta l’America Latina.

Il Tribunale imputa ai gruppi paramilitari oltre 3.000 omicidi e mutilazioni di minorenni; violenze sessuali, occupazioni di proprietà - come case e scuole - esecuzioni extragiudiziarie e reclutamento di bambini e bambine sono alcune delle violazioni realizzate da questi gruppi contro la società colombiana.

"Nel contesto urbano le bande armate reclutano minori continuamente e quello che occorre chiedersi è chi c’è dietro tutto questo, a chi appartengono e per chi lavorano questi gruppi. La violenza contro l’infanzia in Colombia è molto alta. Inoltre, l’infanzia si trova minacciata dalla mancanza di sicurezza alimentare, nutrizionale e sanitaria; secondo dati riportati dal Tribunale, migliaia di minori di cinque anni di età sono morti negli ultimi dieci anni per questo motivo, cosa che mette in luce l’esclusione sociale e l’oblio sulla situazione dell’infanzia in questo paese."

Secondo quanto afferma il presidente del Tribunale, Sergio Tapia, "Come Tribunale Internazionale di coscienza in difesa dell’Infanzia, chiediamo alla comunità internazionale di denunciare questi crimini contro l’umanità nei confronti dell’infanzia colombiana, e di portare i responsabili paramilitari davanti alla Corte Penale Internazionale, con l’accusa di Crimini contro l’umanità e di genocidio contro l’infanzia."

La risposta alla domanda su chi ci sia dietro i paramilitari è possibile trovarla al Congresso colombiano, dove sono decine i politici di area uribista inquisiti o condannati per legami col paramilitarismo. Il narcopresidente Álvaro Uribe Vélez, che ha invitato diversi capi paramilitari al palazzo presidenziale, che ha creato la copertura legale del paramilitarismo dando impulso alle temibili `Convivir’, che ha dato luogo alla farsa delle cosiddette "smobilitazioni" dei gruppi paramilitari, è il primo anello della catena che unisce politici, paramilitari e narcotrafficanti in un unico, inestricabile groviglio criminale, e si avvicina il momento in cui sarà processato da un Tribunale Internazionale dei diritti umani o dalla Giustizia Popolare colombiana.

Gli USA diressero dalla base di Manta l’attacco dell’ esercito colombiano all’ Ecuador

La commissione denominata "Trasparenza e Verità", istituita a Quito nel marzo scorso, ha confermato che l’attacco dell’esercito colombiano il 1 marzo 2008 ad un accampamento diplomatico delle FARC-EP situato nella provincia di Sucumbíos (Ecuador), con lo scopo di far fallire l’interscambio umanitario dei prigionieri di guerra, fu diretto dalla base militare di Manta (Sud-ovest dell’Ecuador), al tempo sotto controllo diretto degli USA.

A seguito di questo atto criminale persero la vita, oltre al Comandante Raúl Reyes, altri 15 guerriglieri e 4 studenti messicani di diverse università di Città del Messico che si trovavano in quel luogo per realizzare studi accademici.

Le operazioni di intelligence elaborate nella base di Manta furono fondamentali per la localizzazione dell’accampamento dove si trovava il Comandante Reyes, motivo per cui, secondo la commissione, non sarebbero stati rispettati gli accordi stipulati nel ’99 tra gli USA e l’allora presidente dell’Ecuador Jamil Mahuad, che prevedevano il controllo della base militare da parte degli USA per "contrastare il narcotraffico" e non ovviamente per assassinare avversari politici.

Fin dai primi giorni del suo mandato l’attuale presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, aveva criticato duramente quell’accordo considerando la presenza di truppe straniere in territorio ecuadoriano una grave limitazione alla sovranità del paese.

Lo scorso 18 settembre il governo del presidente Correa ha negato agli USA la riconferma degli accordi del ’99, considerando il massacro di Sucumbíos come un atto criminale in totale violazione del diritto internazionale, cosa che aveva portato alla rottura delle relazioni diplomatiche con la Colombia.

Queste recenti informazioni confermano ufficialmente un quadro che nelle sue linee generali era già noto: l’attacco è stato portato avanti dalla Colombia con la guida statunitense, e la vera ragione per la quale gli USA stanno aumentando esponenzialmente i tentativi di controllare militarmente l’America Latina (vedi il ripristino della IV Flotta, l’accordo USA/Colombia che prevede l’implementazione di 7 basi a stelle e strisce in Colombia, le nuove basi in Perù e Panama, ecc.) è che si tratta di un piano per garantirsi con la forza il saccheggio e lo sfruttamento del Latinoamerica, minacciando i governi progressisti dell’area.

In Colombia il narcotraffico ha permeato l’intera classe politica

Giovedì 10 dicembre il segretario del Governo del municipio di La Cumbre, vicino a Cali, Lubin Javier Garavito Sánchez, è stato arrestato mentre viaggiava attraverso il quartiere industriale di Cali a bordo di un jeep con 150 kg di cocaina.

A quanto riporta la versione on-line dei quotidiani El Espectador ed El País, Sánchez doveva portare la droga nella città di Buenaventura, il maggiore porto colombiano sull’Oceano Pacifico, nel dipartimento del Valle del Cauca, perché venisse imbarcata per Panama, e da lì verso gli Stati Uniti. Secondo gli investigatori, al momento della cattura il funzionario era vestito con camicia e distintivo del Corpo dei Pompieri.

Al termine dell’udienza preliminare, il Giudice di Controllo delle Garanzie ha confermato la validità dell’arresto e degli elementi probatori, e la magistratura inquirente ha accusato Sánchez di produzione, traffico e trasporto di stupefacenti.

Su disposizione del giudice, l’inquisito è stato portato al carcere di Villahermosa di Cali.

Questa detenzione si somma alle innumerevoli altre che legano inequivocabilmente lo stato colombiano ad ogni livello (dalle amministrazioni comunali al governo nazionale, passando per il Congresso) al traffico degli stupefacenti, prevalentemente di cocaina.

Decine di congressisti sono sotto inchiesta per i loro vincoli con i paramilitari e il narcotraffico, e la gran parte del denaro utilizzato per la campagna elettorale del narcopresidente Uribe e dei suoi degni compari è di provenienza illecita.

Nonostante ciò (o meglio proprio per questo motivo) il mafioso capo del governo colombiano Álvaro Uribe Vélez prosegue imperterrito nel suo ruolo, senza che l’ipotesi delle dimissioni lo sfiori minimamente, consapevole dell’interessato appoggio che gli riservano le multinazionali straniere, l’oligarchia colombiana, i narcotrafficanti, i paramilitari e l’imperialismo statunitense.