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Colombia: Cia ed esercito spiano i negoziatori e boicottano le trattative con le Farc
Marco Santopadre / venerdì 7 febbraio 2014 / Deutsch / русский
 

Da tempo i negoziati tra governo colombiano e guerriglia delle Farc, in corso da sedici mesi nella capitale cubana, sono in fase di stallo. Ma le notizie diffuse la scorsa settimana da alcuni media richiano di far saltare completamente la trattativa.

La notizia è che i negoziatori inviati all’Avana dal governo di Juan Manuel Santos per trattare con quelli della guerriglia di sinistra venivano scientificamente spiati. A rivelare lo spionaggio militare nei confronti degli emissari dell’esecutivo di Bogotà è stata la rivista ‘Semana’, ripresa poi da altri mezzi di comunicazione. Una vera e propria bomba che mina l’autorevolezza di Santos e del suo governo.

Secondo lo storico settimanale di inchiesta della capitale Bogotà, “Andromeda” è il nome che l’esercito avrebbe dato a un centro clandestino di spionaggio militare che avrebbe come obiettivo principale i negoziatori del governo all’Avana, ma anche leader dell’opposizione di sinistra, giornalisti, attivisti sociali, diversi funzionari dello Stato. Le indagini per localizzare il sito clandestino, situato nel settore di Bogotá conosciuto come Galerías, secondo ‘El Espectador’ sarebbero state pesantemente rallentate dall’esercito stesso. Il centro sarebbe stato operativo già dal 12 settembre del 2012, otto giorni dopo che Santos aveva confermato l’avvio ad Oslo, in Norvegia, di contatti con le Farc per negoziare un accordo di pace. “Poco meno di un mese prima – denuncia il giornale – l’ex presidente Alvaro Uribe, che è contrario ai negoziati, aveva rivelato che il governo di Santos stava trattando con la guerriglia”.

All’interno di “Andromeda”, formalmente un ristorante-bar regolarmente registrato alla Camera di commercio, si offrivano fra l’altro corsi di sicurezza informatica, spionaggio, prevenzione di cyber-attacchi. Il responsabile del centro sarebbe un capitano dell’esercito, di cui ‘Semana’ non fa il nome, appartenente alla Centrale di Intelligence tenica dell’esercito (Citec), uno dei pilastri della Direzione di Intelligence militare (Dinte). Il Citec aveva peraltro gestito parte dell’Operación Jacque (Operazione scacco) che nel luglio 2008 – Santos era ministro della Difesa – aveva portato alla liberazione dell’ex candidata presidenziale Ingrid Betancourt, sequestrata delle Farc dal febbraio del 2002.

“Ho dato ordini immediati al ministro della Difesa e ai vertici militari affinché ci dicano fino a dove è potuto arrivare l’uso illecito dell’intelligence, ma soprattutto sapere chi c’è dietro e qual è il suo scopo” ha informato il capo dello Stato che ha ricordato che uno scandalo analogo – sotto la presidenza del suo predecessore e oggi suo feroce competitore Alvaro Uribe (2002-2010) – lo portò a suo tempo a sciogliere i servizi segreti del Das (Dipartimento amministrativo di sicurezza). “L’uso illegale dell’intelligence indebolisce quello legale e gli toglie il valore” ha aggiunto il presidente in uno sforzo di recuperare protagonismo e credibilità.

Ora probabilmente salterà qualche testa nell’esercito e non solo. Ma appare ovvio che dentro gli apparati statali colombiani, oltre che nelle forze armate e nei servizi segreti, agisca una sorta di ‘Stato parallelo’ sostenuto economicamente e tecnicamente dalla Cia che boicotta il raggiungimento di un accordo con le Farc per impedire un avvicinamento del paese ai processi di integrazione continentale trainati dal Venezuela, da Cuba, dall’Ecuador, dalla Bolivia e in parte da Argentina e Brasile e che rischiano di allontanare da Washington e dalla sua area di influenza uno dei pochi paesi rimasti fedeli alla dottrina del ‘cortile di casa’.

D’altronde, nonostante l’avvio dei colloqui ufficiali con le Farc, il governo colombiano ha rifiutato più volte di concedere una sospensione delle operazioni militari, e in tutta la Colombia sono continuate le uccisioni di attivisti sociali, sindacalisti, contadini e leader di sinistra.

Pochi giorni fa un volantino con pesanti minacce di morte è stato inviato ad Aída Avella, candidata alla presidenza di Unión Patriótica (Up), il partito di sinistra nato dalla guerriglia e falcidiato fra gli anni ‘80 e ‘90 dagli ‘squadroni della morte’. Furono ben 5000 i dirigenti e i militanti della Uniòn Patriotica assassinati, tra i quali due candidati alla presidenza, 13 parlamentari, 70 consiglieri comunali e 11 sindaci. Rientrata in Colombia l’anno scorso dopo un esilio di ben 17 anni in Svizzera, Avella è stata scelta come candidata alle prossime elezioni durante il V congresso della formazione politica celebrato a novembre.

Nel volantino firmato della banda paramilitare Los Rastrojos si offre una ricompensa fino a 50 milioni di pesos (25.000 dollari) per chi attenterà alla vita di Avella e ai dirigenti del movimento Marcha Patriótica, guidato dall’ex senatrice afrocolombiana Piedad Córdoba che la scorsa settimana ha perso un giovane congiunto, un ragazzo di 22 anni assassinato a Medellín da alcuni sicari. Carlos Arturo Ospina, 22 anni, un attivista che si batteva per riavere la terra rubata dai paramilitari al servizio dei latifondisti, era il figlio di Ana Fabricia Córdoba, anche lei assassinata a Medellín nel 2011 per aver osato reclamare con forza la terra che le era stata sottratta.

L’avvicinarsi delle elezioni legislative di marzo e di quelle presidenziali del 25 maggio ha portato ad un’impennata dell’attività degli squadroni della morte. Los Rastrojos, banda dedita al narcotraffico e al contrabbando e che sfrutta le reti dei paramilitari di estrema destra “smobilitati” negli anni scorsi, hanno rivolto pesanti minacce anche al presidente dell’Up, Omer Calderón, al direttore del settimanale comunista Voz, Carlos Lozano, e al segretario generale del Partido Comunista, Jaime Caycedo.

Che lo stato parallelo in Colombia sia più forte che mai – ammesso che la linea tiepidamente riformatrice di Santos e dei suoi sia sincera – lo ha dimostrato nei mesi scorsi l’impossibilità da parte del governo di applicare la cosiddetta “Legge delle vittime e della restituzione delle terre” a causa dell’opposizione dei gruppi armati che continuano a difendere con la violenza i privilegi dei latifondisti, da sempre perno sul quale si appoggia il regime di Bogotà.

Il negoziato con le Farc, in questo contesto, procede molto a rilento. Dei sei punti al centro della trattativa solo due sono stati affrontati e in parte risolti. Ed ora la imminente doppia tornata elettorale rischia di scalzare o comunque indebolire ulteriormente l’ala moderata del regime colombiano rappresentata da Santos e di ridare forza agli ultrà di Uribe.